top of page

Principi Lavorativi

"Il sangue segue il Qi, il Qi la mente, la mente il Tao."

Muoversi fa bene?

Il corpo è strutturato per potersi e doversi muovere. Viviamo in un’epoca in cui facciamo del movimento un optional, dove preferiamo farci trasportare che trasportarci e farci fare le cose che farle. Ecco perché molti professionisti della salute asseriscono, quindi, che dobbiamo muoverci, o meglio, fare “gli esercizi”, anche se questi sono fatti perlopiù in delle strutture al chiuso predisposte per questo genere di cose e non in natura. Raramente, però, viene posta attenzione a come il corpo si presenta al cospetto della seduta di training, se realmente pronto a intraprendere un lavoro che non è più abituato a fare ed eseguito in maniera non felicemente bilanciata a causa delle posizioni che il corpo assume in maniera errata.
La domanda da porsi quindi sarebbe: come mi sto muovendo? Con quale “abito posturale” mi sto presentando? Ho la capacità, al di fuori della seduta di allenamento, di mantenermi felicemente bilanciato tra le forze esterne ed interne agenti nel mio corpo? Come sto costantemente interagendo con la forza di gravità?

Come ci stiamo muovendo? Come siamo posti nei confronti della forza di gravità?

Purtroppo in generale non bene.
Il nostro corpo non è più abituato a spostarsi nello spazio circostante se non con mezzi di trasporto; non è più in grado di passare da una posizione in piedi ad una seduta o da in piedi in decubito se non fatta su sedie, divani o letti sopraelevati da terra. Il corpo ha scordato schemi fondamentali di movimento per l’attivazione di catene cinetiche miofasciali come il tirare , lo spingere, l’arrampicarsi o il saltare; ha dimenticato come interagire nel migliore dei modi con l’ambiente e con la forza di gravità.

Ma gli esercizi che facciamo in palestra è pur movimento e attivazione di catene cinetiche?

Si, ma dobbiamo aver chiaro cosa vogliamo e cosa cerchiamo.
Se il nostro intento è perdere peso, acquistare una certa mobilità articolare e avere più forza e una certa resistenza, possiamo dedicare 6/10 ore settimanali a eseguire esercizi fisici con l’ausilio di macchine o attrezzi di palestra. Naturalmente tutto può variare a seconda dell’età, dello stato fisico, dell’impegno e del proprio metabolismo.

Possiamo o dovremmo chiedere di più

Certo. Il corpo che portiamo, a volte trascinandolo, in palestra o n altri luoghi dove si applica movimento corporeo, ha in se racchiuso un abito cucito su posizioni e atteggiamenti che viviamo costantemente durante la vita quotidiana. Le articolazioni con i loro range di movimento, i muscoli con la loro capacità contrattile e il connettivo che sostiene e appoggia ogni nostro movimento e tarato su quella persona che vive la stragrande parte del tempo in un ambiente non consone alla struttura umana. Il sistema nervoso impara e sostiene vie di movimento vecchie e stereotipate che nulla hanno a che vedere con schemi motori semplici ma fondamentali, adatti alla nostra sopravvivenza e alla necessità di potersi riprodurre, scoprire e giocare.

Come dovremmo muoverci allora?

In maniera naturale o avvicinandoci il più possibile a tale maniera.
Sarà necessario resettare schemi motori vecchi e obsoleti nati e solidificati nel corpo per far fronte a traumi fisici, posture errate, atteggiamenti mentali negativi rafforzati da stati emotivi intensi e persistenti.  
Il corpo, nel suo insieme fisico, mentale, emotivo e spirituale è lo specchio del nostro stato, la dimostrazione fisica di come mangiamo, beviamo, respiriamo, pensiamo e ci muoviamo. Sarà dunque utile vedere quali unità funzionali di movimento, quale anello di una catena cinetica è particolarmente “bloccato” e lavorare su esso in modo da riproporlo in un
contesto funzionale capace di sopperire al meglio il movimento fondamentale.

Perché i movimenti fondamentali e quali sono?

Come possiamo passare da uno schema ad un altro in maniera fluida e regolare?

Perché l’uomo è fatto per muoversi e ci sono alcuni movimenti che racchiudono in se i fondamenti della funzionalità dell’architettura umana.
Il nostro corpo non è stato progettato per stare seduto su una sedia davanti ad un computer o per stare su un divano davanti a un televisore. Il corpo non evolve fisicamente se trasportato da un posto ad un altro standone seduto sopraelevato da terra. Se tutto ciò avviene e l’uomo riesce a sopravvivere è perché le cellule, i tessuti e i sistemi da essi formati si adattano a ciò che gli viene chiesto di fare… con un prezzo da pagare.
I movimenti fondamentali hanno di base schemi motori necessari per il proseguo della nostra vita; essi ci permettono di lottare, scappare, procurarsi cibo, bere, riprodursi e giocare (che altro non è che una riproposta, in ambiente privo di pericoli, degli schemi di base).
Essi sono: rotolare, spostarsi in quadrupedia, gattonare, camminare, correre, saltare, spingere, tirare, arrampicarsi; dovremmo avere la capacità non solo di eseguirli correttamente ma di passare da uno schema ad un altro in maniera fluida e regolare.

Trasformando il susseguirsi di gesti in un movimento unico che abbia nel suo interno il succedersi di contrazione e rilasciamento, allontanamento del baricentro dalla sua posizione ideale e il suo recupero, passaggio senza interruzioni dallo Yin allo Yang.
Nella messa in pratica di questi principi sta la forza del gesto.
Nella maggioranza dei casi si tende a voler incrementare parametri come la forza, la velocità di esecuzione e la resistenza. Anche se tali parametri danno una valenza importante alla performance del movimento, esistono altri modi di valutare e di incrementare la potenza di un gesto come ad esempio la morbidezza, il ritmo, l’armonia che rendono fluido e continuo la
sequenza motoria

Esiste un metodo di lavoro fisico che possa racchiudere in se un modo completo di sviluppo corporeo?

No, non esiste un metodo poiché le caratteristiche umane cambiano a seconda degli elementi distintivi peculiari di ognuno che fanno poi di noi persone uniche. Non solo, anche le esigenze di ciascuno sono diverse e quindi differenti gli obiettivi e i metodi lavorativi per raggiungerli. Esistono però dei principi sui quali non possiamo tralasciare il loro contenuto perché dettati dall’ ordine naturale delle cose.

Quali sono questi principi? 

Sono stati in parte detti: quando viene proposto un certo movimento per recuperare la mobilità compromessa o per migliorarne l’abilità di esecuzione, esso deve essere giusto e adattato allo scopo del soggetto che lo esegue in relazione naturalmente alle sue condizioni fisiche; ciò deve passare indiscutibilmente attraverso un ascolto profondo propriocettivo. Un lavoro fatto in un distretto specifico del corpo, in uno specifico “anello”, dovrà essere
poi integrato con il resto del corpo in un contesto di movimento globale e funzionale eseguito in tutta la catena cinetica miofasciale. L’atteggiamento posturale, nato come risposta sbagliata alla forza di gravità a motivo di vari traumi subiti, sia fisici che mentali, sono spesso  mantenuti da schemi comportamentali vecchi che normalmente non dovrebbero più esistere.
Questo non lo possiamo ottenere certo con poche ore settimanali di lavoro ma più con un atteggiamento del nostro vivere quotidiano, corretto e costante che rispecchi una giusta relazione fisica energetica e mentale nei confronti del mondo.

In pratica?

Pensate a un movimento fatto in una parte del corpo: al polso, al ginocchio o al collo. Quanta escursione hanno i movimenti fatti? Ogni singola parte in quante direzioni può spostarsi?
Possiamo suddividere il corpo in parti funzionali che hanno, nel loro interno, forze in continuo cambiamento e in equilibrio per adattarsi al gesto che vogliamo compiere.
Questo potrebbe essere un esempio su come muovere e sentire un singolo “anello” di una catena cinetica, un singolo distretto.
I testi di anatomia classica ci forniscono un immagine del corpo suddivisa in segmenti separati tra loro da articolazioni. Ad esempio abbiamo il segmento braccio tra l’articolazione della spalla e quella del gomito o il segmento gamba tra l’articolazione del ginocchio e quella del piede. Tale suddivisione non crea una realtà indipendentemente funzionale e connessa con il resto del corpo. Perché una parte sia funzionalmente indipendente deve essere capace di spostarsi nei tre piani dello spazio o quantomeno, se l’anatomia dell’articolazione non lo permette, avere strutture muscolari, connettivali e nervose che permettono la tenuta isometrica su tutti i tre piani. Pensate adesso e raffigurate nella vostra mente una serie di
movimenti pratici che hanno cioè nella loro esecuzione un fine funzionale: una corsa, un lancio di un sasso, una arrampicata su un albero. Siete capaci di vedere il corpo muoversi come se più parti del corpo fossero unite tra loro per l’esecuzione di un unico movimento fluido, costante e senza interruzioni? Affinché quel gesto, apparentemente semplice e fatto più volte, possa avere “forza”è necessario che tutti gli anelli della catena o delle catene coinvolte in quel movimento siano liberi e uniti sinergicamente gli uni con gli altri.

In conclusione, ciò che è detto, è applicabile e consigliabile a tutti?

Sì, perché i principi base su cui poggia il lavoro fisico svolto, sia si voglia ristabilire una funzionalità perduta da un trauma o si voglia migliorare le proprie prestazioni atletiche, sono sempre uguali; cambia solo l’intensità del lavoro e il suo modo d’esecuzione legato alla situazione fisiopatologica del momento.Anche se applicabile e consigliabile a tutti può variare il tempo che dedichiamo a tale tipo di lavoro corporeo; possiamo dedicargli tutto il tempo a nostra disposizione o solo una parte. In questo ultimo caso, possiamo integrare il lavoro proposto con altre modalità di allenamento corporeo: da un lavoro mirato sull’incremento della forza o della resistenza, della velocità, della mobilità o di altre qualità legate all’attività fisica svolta. Chi invece scegliesse di dedicare tutto il suo tempo a tale tipo di percorso troverà più velocemente una giusta integrazione tra l’aspetto fisico del proprio corpo e l’aspetto energetico, aspetto quest’ultimo legato alla connessione naturale con le forze agenti intorno a noi in specie  quella della Terra e quella del Cielo, dello Yin e dello Yang. Ne godrà anche l’aspetto mentale, emotivo, psicologico e spirituale, tutti aspetti che fanno parte della sfera globale del nostro essere. L’applicazione di tale modo lavorativo ci eserciterà a stare nel mondo in maniera completa e presente poiché quello che impareremo è applicabile ad ogni gesto e movimento che facciamo nella vita quotidiana; il corpo si sentirà forte nel sapere che può eseguire gesti e movimenti fondamentali atti al proseguo della vita

bottom of page