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COSA CERCO DAL MOVIMENTO?

  • fluidkinesis
  • 19 ott 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Se a persone diverse facessi vedere una montagna, ad alcuni il lato sud e ad altri quello nord, descriverebbero in modo diverso ciò che hanno visto. Molti direbbero che non si tratta della solita montagna e solo forse alcuni riconoscerebbero, per la loro esperienza personale o per qualche facoltà di discernimento innata, che si tratta della solita montagna ma osservata da due punti di vista diversi.

Il modo in cui leggiamo, sentiamo e interpretiamo il corpo con i suoi movimenti fanno capo ad un proprio modo di capire, sentire e percepire il “soma” (il corpo umano nella sua interezza psico/fisica). È l’ambiente in cui siamo cresciuti che ci stimola e ci insegna un determinato modo di lettura e con esso la sua interpretazione e codificazione; è la nostra veduta della montagna.

La complessità del corpo umano, inteso nella sua globalità psico/fisica, può essere paragonata senza esagerare, ad un universo. Di fronte a tanta vastità la veduta e i modi sui cui si basa la lettura del corpo umano sono innumerevolmente tanti e diversi da loro.

Personalmente trovo positivo, affascinante, divertente e utile il fatto che si possa in qualche

modo vedere la montagna con una veduta tridimensionale, ovvero nella sua interezza.

Quando decidiamo di approcciarsi in un ascolto profondo del nostro corpo, questo avviene,

purtroppo quando qualcosa non va, cioè quando compaiono sintomatologie fastidiose come dolori o mancanza di funzionalità ottimale. Se questo può rappresentare un valido motivo per consapevolizzarci di ciò che sta accadendo, di fatto, non può essere il fine o lo scopo del nostro lavoro sul corpo. Se ci interessiamo all’attività motoria solo per scoprire o impossessarsi di una formula magica per risolvere il problema sorto allora siamo lontani dalla finalità su cui si baserà il lavoro che facciamo; rappresenterebbe solo la “pasticca” che siamo abituati a prendere per risolvere i nostri problemi; questo non farà altro che posticipare la risoluzione definitiva della problematica che ricomparirà a tempo dovuto quando inevitabilmente avremo smesso di fare quell’attività specifica perché noiosa e ripetitiva.

Quello che io vorrei proporvi è cambiare la prospettiva di veduta. Non è, ripeto, sbagliata l’idea di voler risolvere un determinato dolore nel nostro corpo ma può esserlo se noi ricercassimo la soluzione solo per eliminare un problema e non per sperimentare il proprio corpo per raggiungere una postura e un movimento naturale.

Il corpo rappresenta ciò che siamo sotto tutti gli aspetti: fisico, mentale, emotivo, psicologico e spirituale; e la sua struttura è fatta sia da materia densa facilmente identificabile con i nostri sensi primari, che meno densa legata agli aspetti più energetici meno densi.

Chi per un motivo o per un altro una persona ha o ha avuto contatti con un’attività motoria legata ad aspetti più energetici può comprendere meglio cosa sia quella parte di noi che più ci unisce all’aspetto meno denso. A tali individui può mancare però quella parte di veduta più razionale (basata su anatomia, fisiologia e biomeccanica del movimento). Altri, la cui percezione delle cose è più deduttiva, possono non avere una visione del corpo in cui il Qi e i suoi canali di scorrimento fanno da padroni.

L’approccio al proprio corpo potrà quindi avere o questa direzione più razionale e differenziata:

- dalla conoscenza alla pratica

- dallo studio delle parti a quella del tutto

- dai movimenti settoriali a quelli globali

o questa più olistica:

- dalla pratica alla comprensione

- dall’immagine mentale alla postura del corpo

- dal movimento del tutto alla modificazione delle parti

 
 
 

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