PERCHÉ DOVREMMO MUOVERCI…E MUOVERCI BENE
- fluidkinesis
- 16 nov 2021
- Tempo di lettura: 3 min
La vita scorre nell’essere umano in un modo spaventosamente straordinario; sì, la sua perfezione, la sua armonia e il modo in cui tutte le funzioni lavorano verso un unico scopo può sbigottirci. L’essere umano vive, eseguendo tutte le sue funzioni vitali, in minima parte in modo volontario e la sua organizzazione è pressoché perfetta. I processi automatici del corpo umano sono magnifici tanto che esso è capace di mantenersi in vita con un minimo di autocoscienza. L’uomo, ma anche tutti gli esseri viventi, sono un ecosistema autonomo che rispecchia l’andamento di tutto l’universo, essi si muovano e si trasformano in base all’alternanza delle forze di polarità Yin e Yang, sempre alla costante ricerca del loro equilibrio effimero. L’uomo ha in se una serie di meccanismi omeostatici incorporati propensi verso l’equilibrio, tutti orientati all’autocorrezione, alla rigenerazione e alla guarigione.
Perciò il corpo umano opera per la maggior parte del tempo con il pilota automatico. La nostra mente non saprebbe neppure da che parte cominciare se dovessimo pensare come digerire, far circolare il sangue o riparare i tessuti danneggiati. Potremo al massimo asportare ciò che in noi non è funzionante, proprio come facciamo quando scattiviamo un frutto ammaccato fino al punto di ridurlo a poca cosa.
Quando siamo concentrati sul nostro disequilibrio manifesto nel corpo (e per corpo intendo la traduzione dal greco soma = corpo “corpo vivente nella sua interezza psico/fisica”), dove poniamo la nostra attenzione?
Concentrati su ciò che non va o sulla capacità intrinseca di poterci autocorreggere nel rispetto dei processi naturali esistenti e sull’affidamento dell’attitudine del corpo di potersi trasformare?
Se vogliamo cambiare il nostro “soma” perché manifesta aspetti a noi spiacevoli che ci indicano una forma di disequilibrio, sarà necessario cambiare le cose che ci hanno portato a quella determinata situazione. Cosa mangio, cosa bevo, come respiro, cosa penso, come mi muovo saranno solo alcune delle domande che dovremmo farci. Non solo dovremmo muoverci ma anche muoverci bene.
(schema di movimento errato)
Quando ci infortuniamo il corpo reagisce, nel più breve tempo possibile, alla sua riparazione; la priorità è di potersi muovere ancora nello spazio.
Il corpo umano ha tre leggi fondamentali che deve rispettare per sopravvivere. La prima è interagire con la forza di gravità o, in altre parole, essere capace di sostenere il proprio peso e poterlo muovere; ciò rappresenta la possibilità per continuare ad alimentarci, a fuggire dai pericoli e a poter procreare trasmettendo cosi la vita. La seconda è: fare il tutto con il minor dispendio energetico possibile, cioè, massimo risultato con la minor fatica. La terza: il tutto in assenza di dolore.
È facilmente intuibile che quando siamo feriti da qualche infortunio il dolore fa saltare gli equilibri tra le giuste linee di forza esistenti quando vige un buon atteggiamento posturale; basti vedere, per esempio, come tutto il corpo si modifica per camminare quando ci distorciamo una caviglia. Il dolore fa contorcere il corpo per poter in qualche modo rispettare la prima legge fondamentale: vincere il proprio peso per spostarsi.
Con riferimento a quanto detto nel primo post, l’intelligenza cellulare si attiva per ristabilire tale priorità e lo fa, tra le tante altre cose, producendo tessuto connettivo specializzato in grado di riparare velocemente (e in qualche modo stabilmente) la parte lesa.
Proprio come un gesso che sostiene ma limita il movimento articolare, cosi la maglia di tessuto connettivo avvolge la parte danneggiata proteggendola ma contenendola nel movimento. S’instaurerà uno schema di movimento particolare, adatto indubbiamente per le circostanze presenti, rendendo il moto fisiologicamente accettabile ma inadatto se lo portassimo avanti anche quando la ferita si è ristabilita.
Lo schema di movimento distorto a causa della ferita si protrae però in parte nel tempo, vuoi perché il corpo si è adattato e abituato a tale schema, vuoi per la densità di tessuto connettivo formatosi con linee di forza non fisiologiche e ancora presente. Nasce così la necessità del muoversi e muoversi bene.
Come vedremo in seguito, la situazione di squilibrio si può instaurare anche per altri motivi: il nostro vissuto emotivo.



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